Salvaguardare l'apicoltura italiana

In occasione della discussione in Senato degli interventi per la salvaguardia dell'apicoltura italiana, come gruppo PD abbiamo presentato una mozione:

Atto n. 1-00494 - Pubblicato il 5 luglio 2022, nella seduta n. 448 - Esame concluso in data 05/07/2022 nella seduta n. 448 dell'Assemblea

TARICCO, BITI, MALPEZZI, FERRARI, MIRABELLI, COLLINA, D'ARIENZO, CIRINNÀ, ROSSOMANDO, MARCUCCI, ALFIERI, RAMPI, VERDUCCI, STEFANO, FEDELI, PITTELLA, MANCA, GIACOBBE, IORI, COMINCINI, BOLDRINI, VATTUONE, FERRAZZI, ROJC, ASTORRE, PINOTTI, LAUS, D'ALFONSO


Il Senato,
premesso che:

le api e gli altri insetti impollinatori garantiscono, mediante l'impollinazione, la riproduzione di molte piante coltivate e selvatiche, contribuendo naturalmente alla produzione e alla sicurezza alimentare, nonché alla tutela della biodiversità, in Italia, in Europa e nel resto del mondo, e nonostante questo, purtroppo, la loro importanza non è sufficientemente riconosciuta, ed è spesso data anzi per scontata, mentre per esempio negli Stati Uniti ogni anno si spendono 2 miliardi di euro per l'impollinazione artificiale;

secondo uno studio dell'Istituto nazionale per la ricerca agronomica francese (INRA), finanziato dall'Unione europea, il venir meno del ruolo delle api comporterebbe un costo di 153 miliardi di euro a livello mondiale, pari al 10 per cento del valore di mercato dei prodotti alimentari, e circa l'84 per cento delle specie coltivate in Europa dipende dall'impollinazione degli insetti, come anche il 70 per cento delle principali colture utilizzate nel mondo per il consumo umano, e basterebbero questi dati a sottolineare l'importanza e la necessità di proteggere gli insetti impollinatori;

i recenti studi condotti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) dimostrano come l'incremento della densità e della varietà degli insetti impollinatori abbia un impatto diretto sulla produttività dei raccolti, e come ciò, globalmente, si possa stimare soprattutto per i piccoli agricoltori in aumento della loro produttività media di oltre il 20 per cento;

la Commissione dell'Unione europea, alla luce di stime che valutano in circa 5 miliardi di euro la produzione agricola annuale europea attribuibile direttamente agli impollinatori, per affrontarne il declino, ha avviato una consultazione pubblica su un'iniziativa a loro tutela, e ha invitato scienziati, agricoltori e imprese, organizzazioni ambientali, autorità pubbliche e cittadini a intervenire con contributi;

premesso, altresì, che:

il modello di vita e di attività degli ultimi decenni, con mobilità di persone e di merci sempre più globalizzate e interattive, ha incentivato, e vieppiù accelerato e rafforzato, l'interscambio di tecnologie e di merci tra aree di ogni longitudine e di ogni latitudine, intensificando le correlazioni e le interdipendenze tra economie, sistemi e modelli di vita, creando inevitabilmente le condizioni, nonostante gli sforzi e le azioni di prevenzione per evitarlo, per una maggiore e più accelerata mobilità e approdo nelle varie realtà anche di parassiti, organismi e patologie nei vari contesti prima mai conosciuti, anche con effetti e conseguenze allo stato non compiutamente valutabili;

il consolidarsi nei decenni passati di un modello di produzione agricola basato in larga parte sulla specializzazione e sulla massimizzazione delle rese per ettaro e abbattimento dei costi di produzione, con il conseguente uso crescente di diserbanti e di prodotti fitosanitari, miranti in molti casi più all'eliminazione delle manifestazioni e delle conseguenze di un disequilibrio ambientale, che non alla ricostruzione dell'equilibrio compromesso, ha oggettivamente, per una stagione non breve, contribuito a comprimere la biodiversità, e anche in alcuni casi a generare pesanti conseguenze ambientali. Gli effetti di tale tendenza hanno evidenziato la necessità e l'urgenza di correzioni di rotta e di approcci diversi che, anche grazie allo stimolo e al sostegno delle politiche messe in atto dall'Unione europea, hanno orientato e accompagnato un intensificarsi di studi, di ricerche, di sperimentazioni e applicazioni finalizzati a un'agricoltura più attenta all'ambiente, alla biodiversità e alla sostenibilità prospettica, e indirettamente anche alla creazione di migliori condizioni di vita per api e impollinatori in genere. Sono significativamente cresciute l'agricoltura biologica e forme di agricoltura integrata e in generale più ampiamente sostenibili e salubri per l'uomo, per gli animali e per l'ambiente. A questa rinnovata sensibilità ha sicuramente contribuito anche la comunità apistica, che ha saputo sviluppare una propria capacità autonoma di denuncia, di sensibilizzazione e di proposta, verso istituzioni e categorie produttive, anche a partire da crescenti conoscenze scientifiche ed esperienze di campo;

la consapevolezza che l'agricoltura è al tempo stesso uno degli attori ambientali più importanti e un imprescindibile custode e attivatore della qualità del contesto territoriale e della fertilità dello stesso ha portato a compiere scelte importanti per la natura, per gli animali e anche e soprattutto per il comparto apistico. Si è così giunti per la prima volta all'introduzione di importanti divieti e limiti ad alcune famiglie di insetticidi e ad alcune molecole biocide che avevano avuto un impatto devastante sulla salute di api, insetti impollinatori e ambiente, riconoscendo alle api, e agli apicoltori, il ruolo di indispensabili partner dell'agricoltura di oggi e di domani;

premesso, inoltre, che:

secondo i più recenti dati dell'Osservatorio nazionale miele e dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), l'Italia risulterebbe il quarto Paese europeo per numero di alveari (1,6 milioni), dopo Spagna (3 milioni), Romania e Polonia (rispettivamente 2 e 1,7 milioni), con una consistenza in aumento del 7,5 per cento nel 2019 rispetto all'anno precedente;

l'effettiva produzione italiana di miele, sempre secondo i dati dell'Osservatorio nazionale miele e di ISMEA, per l'anno 2019 si è attestata su circa 15.000 tonnellate, contro una produzione nazionale attesa di 23.000 tonnellate. La produzione 2020 in leggero recupero si sarebbe invece assestata intorno alle 18.500 tonnellate;

la produzione di miele, come accennato, proviene da oltre 1,6 milioni di alveari, di cui oltre 780.000 stanziali e 650.000 nomadi; una piccola quota residua è poi rappresentata da alveari non meglio classificati. Il 74 per cento degli alveari totali (oltre 1.230.000) sono gestiti da apicoltori commerciali che allevano le api per professione. La grande prevalenza di alveari detenuti da apicoltori con partita IVA sottolinea l'elevata professionalità del settore e l'importanza del comparto nel contesto agro-economico. Nel 2019 sono stati quasi oltre 190.000 gli alveari che hanno prodotto miele biologico, mentre quasi 1,4 milioni di alveari producono miele convenzionale. Nei primi sei mesi del 2020 questi alveari sono saliti rispettivamente a quasi 210.000 e a 1,45 milioni;

a livello geografico la produzione è diffusa in tutte le regioni (con le maggiori concentrazioni in Piemonte con oltre 5.000 tonnellate stimate, Toscana con oltre 3.000 tonnellate, Emilia-Romagna con oltre 2.000 tonnellate). Dai dati produttivi medi stimati per regione emergerebbe una resa media per alveare, per le aziende professioniste che praticano nomadismo, di circa 13 chili per alveare per le regioni del Nord e del Centro e circa 25 chili per alveare per le regioni del Sud e delle isole, con una resa media a livello nazionale di circa 18 chili per alveare;

dopo il picco del 2018, le importazioni italiane di miele si sono ridimensionate nel 2019, riducendosi del 12 per cento, e il trend sembrerebbe in flessione anche nel 2020, contestuale riduzione si sarebbe avuta anche nell'export con un calo in valore anche del 25 per cento. La principale provenienza dell'import resta l'Ungheria, dalla quale proviene il 42 percento dei volumi importati;

dal 2015 al 2019 la spesa per gli acquisti domestici di miele è cresciuta dell'8,8 per cento a fronte di un incremento del 4 per cento dei volumi. Tale dinamica, tuttavia, è il saldo tra un triennio di risultati estremamente positivi (dal 2015 al 2017) e il ripiegamento accusato nel biennio 2018 e 2019. Nel 2020 gli acquisti di miele hanno registrato una tendenza di crescita dei consumi con un recupero delle vendite;

considerato che:

per quanto concerne l'aspetto produttivo, come registrato anche nei rapporti annuali dell'ISMEA, la produzione del miele italiano è da alcuni anni in forte calo in tutto il Paese. Per quanto concerne la campagna 2020, sebbene in lieve recupero rispetto al 2019, è proseguita la tendenza negativa delle produzioni su gran parte del territorio nazionale e quella 2021 non sta dando al momento nuovi motivi di speranza. Molto eterogenee e complessivamente deludenti, tranne che per alcune eccezioni in specifiche aree vocate, risultano le produzioni dei monoflora di punta, sia per il Nord (l'acacia) che per il Sud (gli agrumi), così come risulta un'annata pessima per la sulla;

diversi fattori fra loro concomitanti e spesso sovrapponibili risulterebbero aver inciso negativamente sulla produzione di miele: a) i cambiamenti climatici con il susseguirsi di inverni miti e siccitosi a ritorni di freddo primaverili repentini e l'intensificarsi di fenomeni estremi quali grandine, alta ventosità e precipitazioni torrenziali che hanno comportato una serie di conseguenze negative, dirette e indirette, sullo sviluppo delle piante e sul benessere delle api. I fenomeni atmosferici avversi, producendo effetti negativi sulla produzione di nettare di molte specie vegetali, hanno generato prolungati stati di stress alimentare nelle colonie di api e hanno costretto gli apicoltori a nutrizioni artificiali di soccorso, molto dispendiose dal punto di vista economico, e hanno, in molti casi, ridotto drasticamente o azzerato le produzioni; b) l'attuale modello di produzione agricola, con significativo utilizzo di fitofarmaci e diserbanti, peraltro non sempre rispettoso delle prescrizioni e delle buone pratiche agronomiche, è anche una delle cause delle criticità e delle mancate o ridotte produzioni in apicoltura. L'impiego di antiparassitari e diserbanti infatti, in alcuni casi rivelatisi poi dannosi e sospesi dall'uso, e spesso utilizzati senza adeguata adozione di pratiche agronomiche per ridurne il contatto con insetti utili, ha riverberato negli anni pesanti conseguenze sulle colonie di api (avvelenamenti, riduzione della popolazione, impatto sulla longevità dell'ape, eccetera), soprattutto in areali a maggior concentrazione di colture intensive, quali ad esempio vite, nocciolo, ortofrutta, coltivazioni sementiere; c) la riduzione della superficie e delle specie botaniche di interesse apistico: l'antropizzazione e l'introduzione di cultivar ibridate non nettarifere (ad esempio girasole e colza) hanno limitato ulteriormente non solo le produzioni ma la possibilità stessa di far sopravvivere gli alveari senza dovere ricorrere al nomadismo e la stessa gestione agronomica dei terreni marginali, di aree incolte interstiziali e di infrastrutture viarie e idriche di servizio ha drasticamente ridotto la possibilità di fioritura di essenze spontanee, che sarebbero invece potute diventare fonti di cibo per tutti gli impollinatori; d) nuovi nemici delle api: predatori e parassiti anche di nuova provenienza esogena che stanno colonizzando porzioni sempre più vaste della nostra penisola (ad esempio Vespa Velutina, Vespa orientalis, Aethinatumida), con un forte impatto sulla salute delle colonie dei territori interessati e una drastica riduzione delle potenzialità produttive degli alveari;

considerato, altresì, che:

relativamente alle problematiche di mercato, nonostante i problemi produttivi evidenziati, e le riduzioni di produzione nazionale, si è registrato negli ultimi anni un calo delle quotazioni dei prezzi del miele nazionale oltre a un'accentuata riduzione della domanda e di conseguenza degli scambi interni e verso l'estero;

in un siffatto quadro generale, in cui di norma l'Italia produce circa il 50 per cento del fabbisogno nazionale di miele, tale comportamento anomalo del mercato, anche sulla base delle informazioni e delle indicazioni delle associazioni di rappresentanza del settore, sarebbe motivato e correlato a: 1) la sostituzione di alcune referenze carenti con prodotto di altri Paesi membri dell'Unione europea; 2) il crescente import e la proposta commerciale di miele asiatico di dubbia qualità e a basso costo; 3) l'aumento quantitativo e qualitativo di adulterazioni e frodi, sempre più sofisticate; 4) l'insufficiente efficacia dei controlli sul prodotto extra Unione europea importato; 5) la minore disponibilità economica dei consumatori; 6) la contrazione dei consumi invernali causata dal clima più mite; 7) la carenza di comunicazione sui temi qualitativi;

considerato, inoltre, che:

gli esami di laboratorio, che sono stati effettuati negli ultimi anni dal centro comune di ricerca europeo, hanno evidenziato che il 20 per cento dei campioni di miele prelevati presso i posti di frontiera esterna e le sedi degli importatori non rispettava i criteri di composizione, o i processi di produzione definiti nella direttiva concernente il miele (direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001), e che il 14 per cento dei campioni rivelava la presenza di zucchero aggiunto, confermando quindi che in Europa continua ad arrivare miele contraffatto e adulterato;

il miele è il terzo prodotto più adulterato al mondo e tale adulterazione causa notevoli danni agli apicoltori italiani ed europei, ed espone i consumatori anche a rischi per la salute;

l'articolo 2, paragrafo 4, lettera a), secondo comma, della direttiva sul miele, modificata dalla direttiva 2014/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, stabilisce che, qualora il miele sia originario di più Stati membri o Paesi terzi, l'indicazione obbligatoria dei Paesi di origine può essere sostituita da una delle seguenti indicazioni, a seconda del caso: "miscela di mieli originari dell'UE", "miscela di mieli non originari dell'UE" o "miscela di mieli originari e non originari dell'UE", e l'indicazione "miscela di mieli originari e non originari dell'UE" non fornisce informazioni sufficienti ai consumatori, e considerando inoltre che numerose imprese di confezionamento e di distribuzione di miele utilizzano questo tipo di indicazione allo scopo di omettere i reali Paesi d'origine e la quantità di miele proveniente da diversi Paesi, dal momento che gli acquirenti, sempre più consapevoli, sono diffidenti riguardo ai prodotti alimentari provenienti da alcuni Paesi;

molti grandi produttori di miele come gli Stati Uniti, il Canada, l'Argentina o il Messico hanno introdotto obblighi di etichettatura del miele molto più rigorosi rispetto alle norme semplificate dell'Unione europea, e pertanto offrono garanzie molto migliori di quelle dell'Unione per quanto riguarda le informazioni necessarie da fornire ai consumatori;

sulla base delle normative vigenti l'Unione europea, gli Stati membri e l'Italia dovrebbero garantire che tutti i mieli importati anche provenienti da Paesi terzi siano conformi alla definizione di miele nell'Unione europea, e quindi sicuramente incrementare e meglio finalizzare i controlli su prodotto importato;

valutato che:

un ruolo importante nell'alterazione delle regole del mercato mondiale del miele, con nefasti effetti su quello nazionale, sarebbe connesso alla disponibilità di ingenti quantità di prodotto proveniente da Paesi extra Unione europea, spesso adulterato con sistemi sofisticati (sciroppi di riso) e difficilmente identificabile come tale ai controlli attualmente in vigore o realizzato con procedimenti industriali di disidratazione, in totale contrasto con la direttiva europea sul miele e con il codex alimentarius della FAO (1981);

in un contesto generale di grande fluttuazione unitaria e generale delle rese, l'unico Paese che non ha manifestato flessioni nella produzione risulterebbe la Cina, con inspiegabili incrementi produttivi non giustificati da analoga crescita del numero di alveari allevati. Questo Paese, principale esportatore mondiale di miele, registra un costante incremento delle capacità produttive accompagnato da una costante stabilità del potenziale teorico. Dal 2013, le importazioni in Unione europea provenienti dalla Cina ammontano mediamente a 80.000 tonnellate all'anno e sono state in costante crescita negli ultimi anni;

nel 2019 risulterebbe che il prezzo del miele cinese sia sceso ulteriormente a 1,24 euro al chilo. La sola analisi del prezzo all'importazione può fornire una prima indicazione relativa alla qualità e motiva più che fondati sospetti. A titolo di esempio, sul mercato interno cinese il miele risulterebbe venduto a un prezzo compreso tra 9,02 e 36,09 euro al chilo, mentre il prezzo d'esportazione del miele destinato all'Unione europea risulta appunto compreso tra 0,90 e 2,71 euro al chilo. Una tale differenza di prezzo autorizza a supporre anche a possibili procedure quanto meno non trasparenti;

in Cina, risulterebbe diffusa la prassi di raccogliere miele immaturo, con alto contenuto di acqua, che sarebbe poi conferito a "fabbriche del miele" che provvederebbero a lavorarlo, filtrarlo e deumidificarlo. Tale processo industriale sostituirebbe, di fatto, il processo di maturazione delle api e priverebbe il prodotto ottenuto di componenti caratteristiche. La modalità cinese di produzione di miele definita dagli standard della Repubblica popolare cinese (GB 16740-2014, 2015), che nulla dicono sull'impossibilità di aggiungere o estrarre sostanze dal miele da destinare al mercato o sulla maturazione nei favi dell'alveare, prefigurerebbe produzioni non sempre conformi né al codex alimentarius né alla direttiva 2001/110/CE che individua il miele come sostanza dolce naturale prodotta dalla Apis mellifera proibisce l'aggiunta di qualsivoglia ingrediente, congiuntamente all'eliminazione di qualunque componente specifica del miele, conformemente appunto alla norma del codex alimentarius per il miele (codex stan 12-1981); si sarebbe quindi in presenza di importazioni di prodotto che potrebbe essere definito "miele" secondo la normativa cinese, ma non secondo quella europea e non secondo la definizione del codex alimentarius,

impegna il Governo:

1) in sede di definizione e di attuazione della politica agricola comune (PAC):
a) a promuovere una visione rispettosa ed orientata alla salvaguardia e alla protezione degli impollinatori, nonché alla promozione del loro ruolo vitale per l'agricoltura e l'ambiente;
b) in particolare nel primo pilastro, a dare risalto alle misure favorevoli alle api e agli impollinatori previste dalla condizionalità: "buone condizioni agricole e ambientali" (good agricultural and environmental conditions GAEC) e "requisiti di gestione obbligatori" (SMR), assicurando la loro corretta applicazione;
c) a prevedere "pacchetti" di misure di sostegno agli impollinatori e buone pratiche per gli agricoltori che attivano innovativi e specifici interventi e colture di interesse per gli impollinatori stessi. Le misure dovrebbero includere anche la diversificazione delle colture, l'impegno reciproco tra apicoltori e agricoltori, anche prevedendo misure più attente e rispettose verso le api e i pronubi, e incentivi alla coltivazione di piante di interesse nettarifero o pollinifero e l'inserimento di infrastrutture ecologiche (siepi, stagni, aiuole, strisce di fiori, colture o prati permanenti ad alto valore ecologico, bosco);

2) in merito al secondo pilastro, a prevedere:
a) misure agroambientali e climatiche (European association of guarantee institutions AECM) incentrate sui sistemi di produzione rispettosi dell'ambiente, tecnologie di precisione, agricoltura biologica e lotta integrata, energie rinnovabili;
b) azioni di informazione e formazione degli esperti dei servizi di consulenza agricola (FAS), sulle esigenze e sui pericoli in cui incorrono gli impollinatori, al fine di fornire la migliore consulenza possibile agli agricoltori per la tutela degli impollinatori e per la salvaguardia della biodiversità, anche prevedendo che queste azioni siano nel piano di azione nazionale (PAN) a supporto dei provvedimenti della futura PAC;
c) incentivi agli investimenti in tecniche non dannose per api e impollinatori: tecniche dropleg, robot autonomi invece di erbicidi, big data, sensori di identificazione a radiofrequenza (RFID radio frequency identification), feromoni, immagini satellitari, agricoltura di precisione, eccetera;
d) azioni per accrescere la conoscenza e per l'innovazione in agricoltura (agricultural knowledge and innovation systems AKIS) al fine di migliorare le pratiche e la cooperazione in agricoltura, tra coltivatori, allevatori e apicoltori;

3) a coordinarsi con gli altri Paesi interessati per ottenere dalla Commissione europea, al fine di favorire le produzioni di qualità, di garantire il consumatore e di tutelare i produttori italiani ed europei dal rischio di pesanti fenomeni di concorrenza sleale dovuti alla commercializzazione di prodotti apistici di dubbia origine e qualità e per un'efficace azione di contrasto contro le produzioni non conformi:
a) un nuovo piano di controllo coordinato fra gli Stati membri, almeno per le importazioni di lotti superiori alle 20 tonnellate di miele provenienti da Paesi terzi, per garantire la piena conformità del miele e degli altri prodotti apistici importati con le norme di alta qualità dell'Unione europea, contrastando così sia produttori dei Paesi terzi che utilizzano metodi scorretti, sia le aziende di confezionamento e distribuzione che mescolano consapevolmente il miele adulterato di importazione con miele prodotto da Paesi membri dell'Unione europea, anche attraverso un monitoraggio dei flussi rilevati da Eurostat con una verifica puntuale dei principali partner commerciali di miele proveniente dalla Cina e dalle altre aree di grande importazione, della qualità e della natura degli scambi da questi Paesi verso l'Italia;
b) il riconoscimento, il sostegno, lo sviluppo e la certificazione di metodi di analisi di laboratorio efficaci (analisi melissopalinologiche, microscopiche e polliniche, ma anche tecniche quali la risonanza magnetica nucleare (RMN) e la cromatografia in fase liquida ad alta prestazione, HPLC) per rilevare ogni marcatore specifico delle api, al fine di individuare casi di adulterazione del miele, anche prevedendo risorse per la formazione di operatori specializzati dedicati e lo sviluppo di una banca dati ufficiale per il miele, classificando il miele di origini diverse mediante un metodo di analisi comune;
c) il sostegno alla ricerca per sviluppare e soprattutto validare nuove tecniche di individuazione dell'adulterazione del miele che siano economicamente convenienti per tutti gli operatori, anche attivando o individuando un laboratorio europeo di referenziazione per il miele, con l'obiettivo di verificare l'autenticità del miele e di assistere le autorità di controllo degli Stati membri nell'individuazione delle frodi;

4) a promuovere iniziative volte a modificare la "direttiva miele" al fine di:
a) evidenziare in etichetta tutti i Paesi di origine per le miscele di mieli, nonché le percentuali di mieli diversi all'interno della miscela, per permettere chiarezza e valorizzazione della produzione europea che rispetta severe condizioni di produzione e al fine di una armonizzazione del funzionamento del mercato interno, con particolare riferimento anche alla comprensione dei consumatori (ad esempio la Repubblica popolare cinese o Cina e non semplicemente RPC);
b) fornire definizioni chiare e illustrare le principali caratteristiche del prodotto e in ogni caso inserire l'obbligo di indicare il Paese di origine, per il miele e per i prodotti dell'apicoltura, come miele monoflorale e millefiori, propoli, pappa reale, cera d'api, polline in grani, pane d'api e veleno d'api, come peraltro già richiesto in testi già approvati dallo stesso Parlamento europeo;
c) esaminare attentamente, conformemente al disposto del regolamento (UE) 2016/1036, del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2016, l'importazione massiccia di miele cinese e, in particolare, a controllare le operazioni delle aziende che esportano miele di origine cinese e a valutarne la qualità, il volume e i prezzi di vendita sul mercato del miele dell'Unione;
d) la possibilità, anche nel caso del miele e degli altri prodotti apistici, analogamente ad alcuni prodotti a base di carne o lattiero-caseari, per gli Stati membri di richiedere l'indicazione obbligatoria dell'origine del miele;
e) un programma di informazione e promozione "multipaese" sul miele europeo rivolto al mercato interno, che metta in risalto gli standard di produzione europei e italiani, anche con una specifica dotazione nel quadro del programma di lavoro annuale di promozione della Commissione;
f) l'istituzione di un osservatorio europeo del mercato del miele, per rendere il mercato del miele nell'Unione europea più trasparente, attraverso il monitoraggio economico del settore (prezzi, produzione, stock, importazioni ed esportazioni intra ed extra comunitarie, monitoraggio del prezzo lungo tutta la filiera), con informazioni pertinenti, regolari e affidabili e con la partecipazione dei diversi operatori della catena di commercializzazione;
g) di orientare maggiormente su qualità ed origine del prodotto, i piani nazionali di campionatura obbligatoria del miele, incrementando la capacità e il ventaglio dei controlli e delle analisi condotte dagli Stati membri, indirizzandoli in misura maggiore all'individuazione e al contrasto di frodi e adulterazione;
h) l'attivazione di campagne di informazione e promozione sulle proprietà nutritive e sui benefici per la salute derivanti dal consumo di miele, anche attivando l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) a formulare indicazioni sulle qualità e sulla salubrità del miele, con particolare attenzione al contenuto di microelementi ed enzimi;

5) per sostenere le particolari criticità della stagione, a prevedere:
a) non solo in riferimento all'emergenza da COVID-19, ma soprattutto alla crisi che ha colpito il settore apistico già a partire dagli anni 2018 e 2019, un piano di interventi puntuali (microcredito, abbattimento delle commissioni di garanzia, contributi in conto interessi, o accesso a finanziamenti agevolati con garanzie pubbliche, congelamento o dilazione dei pagamenti dei contributi agricoli e di tutti i tributi riguardanti l'apicoltura) soprattutto per le aziende che dall'apicoltura traggono una importante quota del loro sostentamento economico, con riferimento alla riduzione di reddito degli ultimi anni in rapporto ai precedenti, e alla riduzione delle rese produttive in rapporto alle medie rilevate negli anni dall'Osservatorio nazionale miele e da ISMEA;
b) forme di sostegno volte a favorire il progressivo adattamento delle tecniche di allevamento delle api ai cambiamenti climatici, in un'ottica di concreto sostegno e valorizzazione del comparto apistico in chiave ecosostenibile;
c) incentivi alla creazione di polizze assicurative o fondi mutualistici con contributo pubblico nazionale ed europeo anche per indennizzo dei danni da mancata produzione per il settore;
d) il massimo impegno nel raggiungimento delle finalità della legge 24 dicembre 2004, n. 313, per la disciplina dell'apicoltura, anche attraverso un aggiornamento del documento programmatico di cui all'articolo 5, anche con attenzione alla tutela e alla salvaguardia dell'ape autoctona italiana (sottospecie ligustica e sicula o siciliana) e delle popolazioni di api autoctone tipiche o delle zone di confine;
e) ad attivare forme di verifica e controllo sulla cera d'api importata dalla Cina, alla luce del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulle specie esotiche invasive, e dei regolamenti sulla salute degli animali e delle piante, regolamento (UE) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, regolamento (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, rispettivamente, per i rischi di potenziale contaminazione, con possibili conseguenze sulla salute delle api;
f) un approfondimento scientifico e una conseguente forte presa di posizione, ispirati al principio di precauzione, in vista della revisione delle autorizzazioni per l'uso in agricoltura e in ambiente aperto, di prodotti a base di principi attivi potenzialmente pericolosi per le api (flupyradifurone, sulfoxaflor, glifosato, eccetera);
g) il miglioramento, il potenziamento e la strutturazione dei controlli in campo a seguito di segnalazione di avvelenamenti di api;
h) l'istituzione di una task force operativa interministeriale a tutela del patrimonio apistico nazionale contro predatori o nemici di origine aliena;

6) per il sostegno al mercato del miele nazionale, a prevedere:
a) il rafforzamento all'interno della filiera delle procedure di tracciabilità per permettere di avere un'identificazione chiara e immediata dell'origine anche del prodotto sfuso contenuto nei fusti di miele o di altri contenitori, utilizzato nell'intera filiera;
b) in ogni caso, il rafforzamento nazionale puntuale e organico del controllo sui mieli importati;
c) l'avvio di campagne promozionali ma soprattutto comunicativo-informative su caratteristiche e distiguibilità del miele italiano;

7) per adeguare e semplificare la normativa per l'apicoltura, a prevedere:
a) l'adeguamento del regime fiscale della pappa reale italiana addivenendo a un chiarimento normativo per la pappa reale, che pur essendo a tutti gli effetti un prodotto agricolo, come da legge n. 313 del 2004 che disciplina l'apicoltura, non viene poi però trattata come tale a fini fiscali, non essendo, infatti, compresa nella prima parte della tabella A del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (disciplina dell'IVA), nella quale sono elencati tutti i prodotti agricoli per la cui cessione, effettuata dai produttori agricoli, si applicano per l'IVA le cosiddette aliquote ridotte o a compensazione forfettaria, che ne preveda l'inserimento;
b) sburocratizzazione delle procedure per la vendita e la cessione al dettaglio di prodotti agricoli presso sede aziendale come già avviene per i produttori agricoli che cedono in campo i propri prodotti. L'attività dell'apicoltore è, infatti, ai fini sanitari (regolamento (CE) 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004), attività primaria, compreso il confezionamento del prodotto, e quindi dovrebbero essere estese anche all'apicoltore tutte le semplificazioni anche con riferimento ai locali per la smielatura, la lavorazione e fino alla commercializzazione, e, almeno per le piccole produzioni, la possibilità di esercitare tale attività in locali di uso temporaneo senza che sia necessario il cambio di destinazione d'uso dei locali stessi;
c) l'inserimento tra le attività agricole connesse oltre al miele anche la lavorazione e il confezionamento di tutti gli altri prodotti dell'alveare anche chiarendone l'interpretazione, all'articolo 32, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile, ricomprendendo, oltre alla lavorazione e al confezionamento del miele anche quelli degli altri prodotti dell'apicoltura, come elencati nella legge n. 313 del 2004 (disciplina dell'apicoltura) all'articolo 2, comma 2, la cera d'api, la pappa reale o gelatina reale, il polline, il propoli, il veleno d'api, le api e le api regine, l'idromele e l'aceto di miele;
d) abolizione del registro carico e scarico degli animali allevati per gli allevatori apistici, che si avvalgono della determinazione del reddito imponibile riferendosi al reddito agrario disponibile, dall'obbligo di tenuta del registro cronologico di carico e scarico degli animali allevati di cui all'articolo 18-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, essendo questo dato già presente nella banca dati apistica nazionale e quindi nella piena disponibilità della pubblica amministrazione;
e) definire i necessari chiarimenti interpretativi sul sistema sanzionatorio previsto dalla legge 28 luglio 2016, n. 154, per la parte relativa all'anagrafe apistica nazionale, come definito dalla legge medesima con il comma 2 dell'articolo 34 (Disposizioni in materia di apicoltura e di prodotti apistici) in merito alle comunicazioni di detenzione degli alveari, anche in riferimento alla proporzionalità delle sanzioni
f) estendere agli apicoltori produttori di idromele le agevolazioni previste dall'articolo 37 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, ai cosiddetti "piccoli produttori di vino", cioè i produttori di vino che producono in media meno di 1.000 ettolitri di vino all'anno con riferimento agli obblighi burocratici puramente formali legati alla gestione delle accise (deposito fiscale, comunicazioni all'Agenzia delle dogane) e relative sanzioni penali e amministrative;

8) a promuovere, al fine di consentire una corretta diagnosi del fenomeno della mortalità delle api: un'indagine epidemiologica sulla presenza di malattie infettive parassitarie delle api, effettuata anche in collaborazione con i veterinari aziendali libero professionali e in collaborazione con i veterinari pubblici dipendenti e con la rete del sistema sanitario nazione, servizio profilassi; un'indagine, anche in collaborazione con gli istituti zooprofilattici regionali, relativa all'impatto sugli impollinatori dell'uso di prodotti chimici in agricoltura.

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