Garantire sostegno economico e inclusione sociale alle fasce più deboli della popolazione

Adesione ad un'interpellanza presentata dal Gruppo PD per chiedere al Governo quali misure intende adottare per garantire sostegno economico, inclusione sociale e rispetto della dignità alle fasce più deboli della popolazione.

Testo dell'interpellanza:

Atto n. 2-00014 con procedimento abbreviato - Pubblicato il 6 febbraio 2024, nella seduta n. 154

ZAMPA, BOCCIA, CAMUSSO, FURLAN, ZAMBITO, ALFIERI, BASSO, BAZOLI, CASINI, CRISANTI, D'ELIA, DELRIO, FINA, FRANCESCHELLI, FRANCESCHINI, GIACOBBE, GIORGIS, IRTO, LA MARCA, LORENZIN, LOSACCO, MALPEZZI, MANCA, MARTELLA, MELONI, MIRABELLI, MISIANI, NICITA, PARRINI, RANDO, ROJC, ROSSOMANDO, SENSI, TAJANI, VALENTE, VERDUCCI, VERINI

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. 
Premesso che:

dal 1° gennaio 2024, l'assegno di inclusione ha sostituito il reddito di cittadinanza, abrogato dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023), “quale misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all'esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro”;

contrariamente alla definizione usata a giudizio degli interpellanti in modo assolutamente strumentale e propagandistico, la nuova misura non ha nulla di “inclusivo”, ma comporta l’esclusione di ben 557.000 nuclei familiari dalla possibilità di ricevere un sostegno economico a fronte dei 1.690.000 nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza;

già nel 2023, quando il decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 (detto “decreto lavoro”), che istituì l’assegno di inclusione e il supporto per la formazione e il lavoro, fu esaminato dal Parlamento, fu immediatamente chiaro, e denunciato con forza dalla maggior parte dei soggetti auditi e da tutti i Gruppi di opposizione, come con questo provvedimento si sarebbe passati da una misura universale di contrasto alla povertà a una misura “categoriale”, che afferma di voler dividere i poveri tra “occupabili” e “non occupabili”, ma che in realtà divide i poveri tra persone che vivono in famiglie con disabili, minorenni o ultrasessantenni e persone che vivono in famiglie che non hanno al proprio interno questi soggetti, che lega l’occupabilità di una persona alla sua età anagrafica in modo a giudizio degli interpellanti assolutamente insensato e che introduce un aiuto “a tempo” per gli “occupabili” lasciandoli poi al loro destino;

l’articolo 2, comma 2, del citato decreto-legge stabilisce che, per ottenere l’assegno di inclusione, i nuclei familiari devono risultare, al momento della presentazione della richiesta e per tutta la durata dell'erogazione del beneficio, in possesso, fra gli altri requisiti, di un valore dell'indicatore di situazione economica equivalente (ISEE) in corso di validità, non superiore a 9.360 euro;

inoltre, ai sensi dell’articolo 2 del decreto ministeriale 8 agosto 2023 che ha disciplinato il supporto per la formazione e il lavoro (SFL) “Possono chiedere di accedere al SFL singoli componenti dei nuclei familiari, di età compresa tra i 18 e 59 anni, con un valore dell'ISEE familiare, in corso di validità, non superiore a euro 6.000 annui, che non hanno i requisiti per accedere all'assegno di inclusione”;

molti di coloro che hanno perso il lavoro e sono senza reddito sono “associati” ai genitori che, nella maggior parte dei casi, hanno una pensione e spesso una casa di proprietà, fattori che portano facilmente l’ISEE al di sopra delle suddette cifre;

decorso un mese dall’applicazione delle disposizioni sull'assegno di inclusione e sul supporto per la formazione e il lavoro, i fatti stanno rendendo tragicamente evidente quanto denunciato, in modo vano, nell’ultimo anno;

è del 22 gennaio scorso, la notizia (riportata da più quotidiani, tra cui “La Stampa”) di aggressioni, verificatesi in molti paesi e città in diverse regioni, ai danni del personale dei centri di assistenza fiscale a causa della disperazione, dello sconcerto e della rabbia di coloro che scoprono di non avere più diritto ad alcun sostegno economico a causa del cambiamento delle regole;

in alcune sedi dei CAF sono stati rivisti i turni in modo che nessun addetto resti solo o che ci sia una sorveglianza a tutela dei lavoratori;

le segnalazioni di aggressioni ai danni degli lavoratori dei CAF, sempre più frequenti e mai così frequenti, come affermato dagli stessi responsabili dei centri, rendono evidente come ci sia una questione sociale che sta diventando sempre più drammatica a causa del peggioramento delle condizioni economiche di migliaia di persone, costrette a dipendere dai loro genitori, e come l’umiliazione e lo sconforto si siano, in alcuni casi, drammaticamente trasformati in rabbia ai danni di coloro che svolgono il proprio lavoro in quelli che sono diventati veri e propri “avamposti”;

a giudizio degli interpellanti la logica ottusamente punitiva delle nuove misure non contrasta certamente la povertà, ma i poveri hanno la “colpa” di essere poveri e sono destinati a restare tali, mentre l’indifferenza del Governo diventa un problema di allarme sociale e di sicurezza ai danni di persone che svolgono il proprio lavoro;

sempre a giudizio degli interpellanti tutto ciò è a desolante conferma che l’atteggiamento della maggioranza in Parlamento di arrogante chiusura a ogni tentativo di miglioramento, e contrassegnato da fretta e da pressapochismo, ha portato a risultati che hanno svelato la triste realtà dei fatti,

si chiede di sapere quali misure urgenti il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di correggere le suddette norme per assicurare, questa volta davvero, sostegno economico, inclusione sociale e rispetto della dignità alle fasce più deboli della popolazione, misure finora solo annunciate, ma mai attuate o attuate così malamente da aver creato la penosa situazione descritta.

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