Al referendum 5 No
Intervento a Isoradio.
Condivido la linea dei 5 No ai referendum sulla Giustizia che è stata votata all’unanimità dalla Direzione Nazionale del PD. Ci sono anche posizioni libere e diverse, però, la posizione del PD è chiara.
Il quesito sulla valutazione delle toghe, insieme agli altri due quesiti che intervengono sull’ordinamento giudiziario e sul CSM, è assorbito dalla riforma Cartabia che è stata già approvata alla Camera dei Deputati e che il 16 giugno sarà in Aula al Senato.
Votare sì a quei tre quesiti vuol dire riaprire una discussione che, secondo noi, ha trovato già un equilibrio nella riforma che è in Parlamento.
La riforma Cartabia dà risposte anche più complete e definitive ai temi che si cerca di porre con i quesiti referendari. Votare sì vuol dire riaprire una discussione su un provvedimento che è già stato votato dalla stragrande maggioranza dei parlamentari.
Bisogna, infatti, tenere conto delle conseguenze di un voto ed è evidente che, sui quesiti che riguardano l’ordinamento giudiziario, se vincesse il sì si bloccherebbe una riforma e non se ne farebbe un’altra diversa.
Abbiamo trovato un compromesso rispetto alla questione del passaggio di funzioni tra magistrati inquirenti e giudicanti, prevedendone uno solo con la riforma mentre il quesito referendario chiede nessun passaggio. È chiaro che, se si vince il sì, diventa una cosa diversa da ciò che prevede la riforma Cartabia e, a quel punto, si riaprirebbe la discussione sulla riforma.
Noi abbiamo depositato più di un anno fa una proposta di modifica della Legge Severino per far sì che i sindaci e gli amministratori non possano essere sospesi dai loro incarichi fino alla condanna definitiva (la Legge Severino prevede, invece, la sospensione già dalla condanna in primo grado). La proposta è ferma perché, chi ha proposto il referendum, si è sottratto alla responsabilità di fare questa modifica. Il referendum, però, propone la cancellazione della Legge Severino per intero. A mio avviso, invece, la Legge Severino è importante per il nostro Paese: è una norma amministrativa che dà il messaggio che chi viene condannato per reati gravi contro la Pubblica Amministrazione, contro il patrimonio o per mafia non può stare nelle istituzioni e non può candidarsi a rappresentare il Paese. A me pare un concetto molto chiaro e abrogare questa legge significherebbe mandare un messaggio contrario.
Chi vota sì sceglie di cancellare una legge importante in cui le istituzioni e la politica danno un messaggio chiaro al Paese, cioè che non si può stare nelle istituzioni se si è condannati per alcuni reati, e sostituirla con la delega ai magistrati perché, a quel punto, si tornerebbe alla situazione per cui sarebbero i magistrati a decidere se stabilire, insieme alla condanna, anche l’interdizione dai pubblici uffici.