La presenza delle mafie è silente ma pervasiva, occorre alzare l'attenzione per contrastarle
La Lombardia è un territorio in cui la criminalità organizzata non solo opera ma si è radicata.
Le decine di inchieste che hanno riguardato molti territori lombardi, da Milano a Como fino a Mantova, raccontano di organizzazioni che cercano di insediarsi nell’economia e di occupare ogni spazio che può portare guadagni, utilizzando i proventi dei traffici illeciti a partire da quello della droga, per entrare in aziende, concorrere agli appalti, gestire gioco illegale, esercizi commerciali, compro oro, false fatturazioni ecc..
Ma non c’è solo questo.
C’è la capacità di insediarsi sul territorio, di controllarlo, di condizionarlo, magari cercando di non utilizzare metodi violenti o intimidatori per non attirare l’attenzione ma spesso utilizzando ricatti, intimidazioni, corruzione per ottenere omertà e potere.
Da Sedriano, primo Comune lombardo sciolto per mafia, a Cantù, da Viadana alla masseria di Cisliano, sono davvero tante le conferme di una presenza silente ma invasiva delle mafie in Lombardia.
Non è un caso se siamo la quarta Regione italiana per la presenza di beni confiscati.
Di fronte a ciò, tuttavia, non c’è alcun allarme sociale: i fari sono accesi sui reati predatori, la delinquenza di strada e gli immigrati, mentre l’invisibilità che cerca di garantirsi la criminalità organizzata la mette al riparo, impedisce che venga considerato un problema prioritario quale invece è.
La capacità delle mafie di inquinare l’economia e la società, di piegare parti di esse ai propri scopi costituisce un problema enorme per la nostra convivenza e la nostra stessa democrazia.
Per queste ragioni la lotta alle mafie deve diventare una priorità che non può essere delegata alle forze dell’ordine e alla magistratura, che pure fanno un grande lavoro.
Serve sensibilizzare e mobilitare i cittadini, saper cogliere i segnali delle presenze criminali, valorizzare l’utilizzo dei beni confiscati, mettere sotto controllo gli appalti valorizzando le buone pratiche introdotte con Expo.
Molte vicende ci hanno confermato la necessità della 'ndrangheta di stare nelle istituzioni, non tanto per accedere ad appalti, quanto per agevolare pratiche urbanistiche, gestire ad esempio una parte dei sussidi sociali per crearsi consenso o, come avviene in sanità, acquisire posizioni di prestigio che legittimino persone dell’organizzazione come persone di potere.
Dobbiamo, quindi, impegnarci per applicare, in ogni istituzione, le buone pratiche che garantiscono trasparenza, controllo degli atti e attenzione alle anomalie che possono nascondere infiltrazioni.
Dobbiamo avere la consapevolezza che le infiltrazioni criminali sono un rischio da non sottovalutare.
Per queste ragioni mi sono impegnato lavorando nella Commissione Parlamentare Antimafia nella Legislatura 2013-2018 e ho presentato un disegno di legge per istituire nuovamente la Commissione nella Legislatura in corso. La nuova Commissione Parlamentare Antimafia si è costituita nel novembre 2018 e sono tornato a farne parte.