Le riforme per la Giustizia
Intervento al Forum Giustizia del PD.
Non siamo di fronte ad un’opzione ma siamo di fronte alla necessità di mettere in campo delle riforme: quattro riforme necessarie per accedere ai finanziamenti del Recovery Fund.
Si tratta della riforma del processo civile (per abbreviare i tempi), del processo penale, del diritto tributario e del CSM.
Adesso siamo impegnati su tre testi che riguardano queste riforme.
Alla Camera dei Deputati è in discussione la riforma del Processo Penale, per cui sono già stati depositati gli emendamenti; c’è poi la riforma del CSM, che in questo momento - visti i fatti di cronaca - è diventata una questione che assume un valore al di là del Recovery Fund e sarà tema su cui si scaricherà un conflitto politico molto serio.
Al Senato, invece, è stato incardinato il testo della riforma del Processo Civile e sono già stati presentati gli emendamenti.
Teniamo conto che questi tre testi non sono più quelli di Bonafede ma sono testi derivati anche da un pezzo del lavoro del PD avviato nello scorso Governo e che oggi può consentirci di migliorarli ulteriormente, partendo da riflessioni e da un lavoro che abbiamo, quindi, già fatto.
Un’altra questione si lega alla scelta fatta dalla Ministra della Giustizia di far proseguire il lavoro parlamentare, riservandosi di intervenire con ipotesi emendative che sono state delegate ad alcune commissioni di esperti, i quali hanno lavorato in queste settimane e hanno cominciato a produrre una serie di proposte che si aggiungono e correggono alcune cose che ci sono nei testi di legge.
Penso, quindi, che si stia facendo un lavoro importante. Non abbiamo ancora i testi degli emendamenti ma abbiamo cominciato a discutere e a capire su cosa si è lavorato nei comitati di esperti e credo che da lì venga un contributo importante.
La Ministra ha giustamente sottolineato un punto: il tema non è solo quello di modificare le norme ma anche quello di agire sull’organizzazione, mettendo in campo risorse e processi organizzativi che guardino anche alle buone pratiche che ci sono.
Se guardiamo alle diverse sedi giudiziarie, ci sono differenze enormi rispetto all’efficienza e, quindi, c’è anche la volontà di guardare alle buone pratiche per diffonderle in tutto il Paese.
Da questo punto di vista, il Recovery Fund mette in campo risorse per rafforzare questi processi, oltre a imporci la necessità di fare riforme.
Quando si parla dell’Ufficio del Processo, si tratta di una struttura già prevista ma che non è nelle condizioni di funzionare per assenza di personale e anche di professionalità specifiche. Il Recovery Fund mette nelle condizioni di assumere a tempo determinato 16mila persone da impegnare nell’ufficio del Processo e anche altre persone dalle professionalità ben definite per migliorare l’organizzazione del funzionamento delle sedi di Giustizia e dobbiamo guardare anche a questo come ad una possibilità.
Rispetto alla Giustizia Civile, credo che dobbiamo continuare ad andare nella direzione di ridurre i tempi e questo lo si fa migliorando l’efficienza e aumentando il personale.
Mi pare che ci sia un punto che è stato posto con forza dalla Ministra che riguarda il fatto che il vero collo di bottiglia su cui si rallenta tutto il procedimento è quello della decisione. Questo è legato al fatto che c’è un numero di magistrati insufficiente ma non possiamo risolverlo assumendone migliaia.
Su questo, l’idea di aumentare la cifra (portandola da 5.000 euro a 30.000 o 50.000 euro) al di sotto della quale ci si può rivolgere al giudice di pace e la causa si risolve lì, secondo me è interessante. È una riflessione che dobbiamo fare ma dobbiamo valutare bene la soglia.
È evidente, però, che più si sposta lì e più si riesce a superare quel collo di bottiglia.
Questo apre poi un altro problema per cui, oltre a queste riforme, nei prossimi mesi dobbiamo risolvere il tema della magistratura onoraria: lo abbiamo già affrontato e stavamo per risolverlo ma poi c’è stata una sentenza della Corte Costituzionale che ha in qualche modo modificato il quadro e anche su questo la Ministra ha messo a lavorare una commissione di esperti.
Nella discussione che stiamo facendo c’entrano anche le questioni del carcere.
Sicuramente non riusciremo a fare una riforma complessiva delle carceri e del sistema penale, visti anche i rapporti complicati all’interno della maggioranza di Governo, però, penso che abbiamo fatto molto in questi mesi, per merito del PD e ci sono anche molte cose importanti su cui dobbiamo investire.
Oggi, ad esempio, il ragionamento sulle pene alternative è più forte perché le misure prese per diminuire la popolazione carceraria per far fronte all’emergenza covid penso che lasci il segno e queste possano diventare riferimenti importanti per rafforzare le misure alternative al carcere.
Abbiamo recentemente ri-prorogato, con il decreto sulle proroghe dei termini, la possibilità per chi è in semi-libertà di non tornare in carcere la sera. Ci sono, quindi, circa 1.000 persone che da sei mesi hanno lavorato e dormito a casa, senza che si sia verificato alcun problema.
Penso che queste norme possano, quindi, diventare un riferimento su cui dobbiamo lavorare.
Sul carcere c’è poi un’altra operazione importante - di cui va dato merito all’ex Sottosegretario Andrea Giorgis - ed è quella di aver ribaltato una riflessione che guardava al Recovery Fund come all’opportunità di aumentare a dismisura il numero delle celle e per costruire nuove carceri. Questo ragionamento è stato trasformato nella possibilità di intervenire in 8 carceri per aumentarne la capienza ma anche per aumentare gli spazi trattamentali, affermando così un’idea diversa della pena e della funzione del carcere, non più vista solo come punizione ma anche come prevede la nostra Costituzione, come percorso di rieducazione e reinserimento nella società.
Tutto questo ragionamento precipiterà nel momento in cui si aprirà la discussione sull’ergastolo ostativo. Sarà un’altra occasione per fare una battaglia su cui credo che il PD si debba caratterizzare rispetto alla funzione della pena nel rispetto della Costituzione. Dovremo, dunque, trovare una forma intelligente per valorizzare una scelta della Corte Costituzionale che è quella di dire che se il carcere ha una funzione rieducativa e riabilitativa, non è pensabile che l’unica possibilità che ha una persona per poter avere i benefici sia quella di collaborare, anche se è un mafioso.
Si deve costruire una legge, come chiede la Corte Costituzionale, che stabilisca criteri molto rigidi per consentire l’accesso ai benefici agli ergastolani, anche che hanno commesso reati di mafia, ma su cui dobbiamo essere sicuri che abbiano definitivamente rotto e superato ogni rapporto con la criminalità organizzata nel momento in cui accedono ai benefici.
Questa non è una cosa semplice da fare ma è necessaria.