Cosa può fare la politica per affermare la legalità
Intervento svolto nell'ambito del convegno “Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino quale strada percorre per liberare il nostro Paese dalle Mafie. Costruendo un percorso di legalità diffusa” organizzato dalla Fondazione Quercioli, con il patrocinio del Municipio 7 di Milano (video).
Ringrazio la Fondazione Quercioli e il Municipio 7 perché credo che iniziative come questa servano e serve ricordare i grandi meriti delle persone che hanno dato la vita per combattere le mafie ma anche tenere insieme questa riflessione alla necessità di continuare a combattere la mafia.
Troppo spesso, infatti, rischiamo una recessione su questo.
C’è la mafia delle stragi, ci sono personaggi come Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa e, oggi, sembra che non ci sia altro, oltre a questa narrazione mentre, invece, c’è molto.
C’è innanzitutto la necessità di tenere insieme quell’impegno, che non deve essere disperso o dimenticato ma anzi la politica deve agire in questo ambito.
Prima di tutto, la politica deve fare delle leggi adeguate a combattere le mafie.
Il nostro Paese ha fatto molto da questo punto di vista e ha una legislazione antimafia che ci invidia il mondo e da cui il mondo cerca di prendere spunto. Si tratta di leggi fatte anche grazie al lavoro di parlamentari che hanno dedicato la vita alla lotta alla mafia e grazie ai suggerimenti che venivano da magistrati impegnati sul campo.
Abbiamo leggi come il Codice Antimafia, recentemente aggiornato, ma soprattutto abbiamo la legge che prevede la confisca preventiva dei beni per i mafiosi e il riutilizzo da parte della società dei beni confiscati e questa è una legge importantissima. Questa legge si sta cercando di riprenderla ora anche in alcuni Paesi europei. È evidente, infatti, che le mafie sono un fenomeno dalla dimensione internazionale e sono il soggetto più globalizzato di tutti e molti Paesi hanno capito ormai che le mafie, se non possono più investire qui per il timore di vedersi confiscare i beni per la Legge Rognoni-La Torre, lo fanno in Paesi in cui sono in vigore normative diverse e la confisca non è prevista.
Abbiamo, inoltre, anche la legge che prevede il reato di associazione mafiosa con cui si considera l’associazione mafiosa come un atto di grande gravità.
Ci sono poi state le leggi sulle interdittive antimafia che consentono di escludere dagli appalti pubblici le imprese che sono sospettate di avere vicinanza con le mafie.
Queste sono tutte leggi importanti che sono state fatte e che la politica deve saper aggiornare.
La politica, inoltre, deve essere capace di porre la questione delle mafie in sede europea e internazionale: queste leggi devono poter essere applicate anche negli altri Paesi e devono diventare un riferimento per l’Europa e per il mondo se si vuole battere la mafia.
Gli Stati Uniti hanno introdotto il reato di associazione mafiosa perché si sono resi conto che quello era il modo per riuscire a dare un colpo alle mafie.
Io penso che la missione oggi del Parlamento debba essere anche questa: riuscire a far assumere all’Europa queste leggi per combattere le mafie.
La forza di queste leggi e la capacità di contrastare le mafie che hanno queste leggi è importante.
Si sono comunque fatti dei passi avanti anche a livello europeo: è stata creata la Procura Europea.
Adesso sta per nascere un’Authority europea per contrastare il riciclaggio e, con una mozione che ho presentato in Senato nella scorsa Legislatura, abbiamo chiesto che la sede di quell’agenzia sia fatta in Italia, in virtù delle competenze maturate sul campo in questo ambito dal nostro Paese.
Oggi il tema, infatti, è come fare in modo che le economie nel nostro Paese e nel nostro Continente vengano protette dall’aggressione che le mafie stanno mettendo in campo.
Le mafie sono cambiate nel tempo e su questo occorre che ci sia attenzione da parte della politica e, soprattutto, della Commissione Antimafia.
Occorre capire come cambiano le mafie e adeguare le normative per contrastare le mafie che cambiano.
Non è indifferente sapere che le mafie non sono più solo nelle zone meridionali ma sono ormai insediate anche al Nord e in tutto il Paese, come sta scritto nella Relazione conclusiva dei lavori della Commissione Parlamentare Antimafia della XVII Legislatura, presieduta da Rosy Bindi, dove si era svolto un lavoro su questo, anche grazie al supporto dell’Università di Milano e di Nando Dalla Chiesa.
Inoltre, le mafie non sono più un fenomeno solo italiano ma sono presenti in tutto il mondo, in particolare la ‘ndrangheta.
Il tema, dunque, è come si contrastano le mafie a quel livello e che tipo di capacità e di rapporto tra i diversi Paesi bisogna costruire per contrastare le mafie e per combattere le mafie e il riciclaggio. Questo vuol dire capire da dove vengono i capitali, tracciarli, verificare le persone che li muovono.
Tutte queste cose si stanno cominciando a fare, il sistema bancario si sta muovendo e in Italia i notai stanno facendo un lavoro importante di segnalazione dei capitali sospetti.
Un’altra cosa che deve fare la politica è quella di mettere gli apparati dello Stato preposti a combattere le mafie nelle migliori condizioni possibili.
Probabilmente Falcone e Borsellino sono stati uccisi perché non assumessero il ruolo di Procuratori nazionali antimafia e forse anche perché Falcone aveva inventato la Direzione Nazionale Antimafia. Quello strumento, infatti, è stato fondamentale per colpire le mafie.
Le Direzione Distrettuali Antimafia hanno un ruolo fondamentale nella lotta alle mafie e dobbiamo fare in modo che possano operare, anche incrementando gli organici che non sempre sono sufficienti.
Penso che il compito della buona politica sia quello di dire che la lotta alla mafia è una priorità di questo Paese ma questo non vuol dire mettere un manifesto o un atto di fede ma vuol dire conoscere ogni passaggio ogni volta che si costruisce una normativa, ogni volta che arrivano finanziamenti come il PNRR, ogni volta che si progetta un piano di rientro, ogni volta che si fa un Codice degli Appalti, perché bisogna sapere che la priorità deve essere quella di alzare le barriere a tutela della legalità.
Questo non è scontato.
Siamo in una fase in cui le mafie hanno cominciato a sparare meno, siamo usciti dalla fase dello stragismo e questo produce un minor allarme sociale e una bassa attenzione alla lotta alla mafia da parte dell’opinione pubblica.
Il rischio è che la politica perda anch’essa di vista la priorità della lotta alle mafie e poi ci si ritrovi con il tetto dei contanti fino a 10.000 euro e proposte di legge per togliere le interdittive antimafia, motivate da chi le ha presentate dall’idea che le interdittive non servano più e penalizzino il libero mercato.
Il compito della politica, quindi, è mantenere alta l’attenzione sulla lotta alle mafie e gli appalti devono garantire innanzitutto la legalità.
Si può garantire legalità e velocità insieme.
Sentir dire che si vogliono togliere le norme che garantiscono la legalità in nome di una presunta velocizzazione delle opere mi preoccupa perché vuol dire che la lotta alle mafie non è più considerata una priorità per la politica.