Il Governo Meloni si piega ai voleri di Trump e aumenta le spese per le armi
Articolo pubblicato dal mensile Zona Nove.
C’è un tema che sta accendendo il dibattito politico europeo, con pesanti ripercussioni su quello italiano: il riarmo fortemente voluto dalla Commissione Europea e dalla Nato.
Qualche mese fa Ursula von der Leyen ha lanciato il piano europeo Rearm EU e un paio di settimane fa il Segretario Generale della Nato, Mark Rutte, cedendo alle forti pressioni del Presidente degli Usa Donald Trump, ha fatto firmare un accordo a tutti i Paesi del patto atlantico per portare la spesa militare al 5% del PIL di ogni singolo Stato membro.
Che il periodo storico sia estremamente complesso ed il rischio di conflitti sia enormemente aumentato è sotto gli occhi di tutti ma qui stiamo andando a passi veloci verso un’economia di guerra. E siccome le risorse non sono infinite ed i debiti che verranno fatti si scaricheranno sia sui Bilanci attuali sia sulle generazioni future non poche voci di dissenso si stanno moltiplicando in giro per l’Europa.
Intendiamoci vivere in un mondo senza armi e senza guerre è pura utopia ma un conto è cercare di costruire un esercito europeo comune, ben addestrato ed efficiente, un conto è chiamare tutti gli Stati della vecchia Europa a spendere centinaia di miliardi di euro per acquistare armamenti senza un piano comune di investimenti e di comando.
Questa scelta sembra più dettata dalla volontà di fare sembrare l’Europa un continente pronto ad affrontare le crisi internazionali, perché ha tante armi, piuttosto che dall’idea di pensare ad un progetto di difesa comune degno di questo nome. In tutto questo sorge la più classica delle domande: chi paga? Più armi, meno sanità e scuola pubblica e meno welfare. E se non bastasse più tasse, ovviamente per chi le paga perché agli evasori non fa né caldo né freddo.
Potremmo sbagliarci ma questo sembra essere il risultato dell’accordo imposto da Trump alla Nato e avallato anche dal Governo presieduto da Giorgia Meloni.
Nel 2025, secondo quanto comunicato dal Ministro Giancarlo Giorgetti, l’Italia spenderà per la difesa e la sicurezza il 2% del PIL, cioè 45 miliardi di euro.
Questo importo verrà raggiunto grazie ad una serie di aggiustamenti contabili all’“italiana”.
Ma il bello, si fa per dire, deve ancora venire: in base all’accordo raggiunto nell’ultimo vertice Nato l’Italia dovrà aumentare la spesa entro il 2035 dal 2% al 5% del PIL. In valore assoluto, secondo le stime dell’Osservatorio sulle spese militari italiane, da 45 miliardi nel 2025 a 145 miliardi nel 2035, con un aumento a regime di 100 miliardi di euro.
Per trovare questi soldi senza aumentare ulteriormente il debito pubblico, lo Stato dovrà tagliare la spesa pubblica, a partire dalle voci più rilevanti, ovvero pensioni, sanità, istruzione, investimenti, pubblico impiego e/o aumentare le tasse.
Perché siamo così catastrofisti? L’aumento delle spese militari italiane derivante dal sopraccitato accordo, ovvero i 100 miliardi di euro, è pari a tre quarti della spesa sanitaria (140 miliardi) ed è superiore alla spesa per l’istruzione (85 miliardi).
Probabilmente non moriremo per un attacco dei russi ma per mano di scelte scellerate e miopi dei nostri governanti.