La politica deve parlare della pericolosità della mafia
Intervento svolto al “Le strade della politica” nell’ambito del corso “Mafia, Stato, politica” organizzato da Nando Dalla Chiesa in Università a Milano (video).
Sono molto contento di partecipare all’incontro organizzato da Nando Dalla Chiesa per il decennale degli studi sulla criminalità organizzata perché, al di là della convenzione con la Commissione Antimafia, abbiamo fatto insieme un lavoro importante nella scorsa Legislatura sul tema della presenza delle mafie al Nord che, allora, non era così approfondito e che è stato messo in evidenza.
Quel lavoro, così come quello che viene fatto nel corso di studi, ha fornito un patrimonio di conoscenze di cui la politica si deve occupare.
Il ruolo dell’Università non può restare accademico ma deve essere uno strumento di supporto per la politica per capire un fenomeno che cambia continuamente e cambia perché lo Stato, in questi anni, è stato capace di dare colpi importanti alle mafie, perché la magistratura, gli inquirenti e la Direzione Nazionale Antimafia hanno costruito una capacità di contrasto a fenomeni mafiosi che costringono le mafie a cambiare e, quindi, il tema della conoscenza è molto importante.
Un altro tema che può apparire scontato ma non lo è, se penso a cosa deve fare la politica mi viene da rispondere che la politica deve parlare della mafia, non solo durante le commemorazioni ma deve raccontare che la mafia c’è, è sui nostri territori.
Serve parlare.
Le mafie hanno scelto di tenere un basso profilo, di ridurre le manifestazioni violente ed eclatanti e stanno riuscendo a operare garantendosi un bassissimo allarme sociale.
L’allarme sociale è scarso rispetto alle presenze mafiose, a ciò che significano e a quanto sono pericolose per il nostro Paese. Quando si parla di sicurezza, nel nostro Paese è rarissimo che si parli di mafia o di criminalità organizzata.
La politica, quindi, deve dire che la mafia c’è, è presente, va contrastata perché è pericolosa perché ha miliardi che inquinano l’economia legale e, quindi, mettono in discussione la nostra stessa democrazia.
Se una libera economia viene condizionata da così grandi capitali di provenienza criminale, è evidente che c’è un problema e un pericolo.
La politica deve farsi carico di questo e ha bisogno di mettere questa questione tra le sue priorità per il Paese.
La scorsa Legislatura si chiudeva con la Relazione della Commissione Parlamentare Antimafia in cui si diceva, per la prima volta, che le mafie sono insediate al Nord, non solo infiltrate ma radicate nei territori del Nord. Questo è stato dimostrato dalle inchieste, non c’è solo il tema di riciclare il denaro al Nord perché qui c’è un’economia forte e si ricicla meglio.
Le mafie hanno scelto di radicarsi al Nord, nei piccoli centri, sul territorio.
Questo è un tema su cui la politica deve riflettere ed essere reattiva e non sempre ci riesce, come hanno mostrato le reazioni della politica di fronte ad alcuni fatti eclatanti come quelli di Cantù o altre vicende criminali in Lombardia.
Troppo spesso, la politica arriva dopo a capire certi fenomeni, anche di fronte all’evidenza e l’opinione pubblica fa lo stesso.
Sedriano è stato il primo Comune sciolto per mafia in Lombardia. Quando avvenne questa vicenda, insieme a Nando Dalla Chiesa, siamo stati a Sedriano per denunciare la presenza invasiva della criminalità organizzata nel Comune ma non solo non abbiamo trovato cittadini ma abbiamo avuto l’impressione che si sia preferito sottovalutare i fatti e passare oltre e questo è un pericolo molto serio. Allo stesso modo avviene in altri posti in Lombardia.
Penso che la politica debba dare segnali di fronte a queste vicende.
Un’altra cosa che credo debba fare la politica è quella di migliorare gli strumenti da mettere in campo per il contrasto alle mafie.
Il tema principale che abbiamo di fronte è la lotta al riciclaggio: come impedire il rischio di inquinamento della nostra economia con il riciclaggio, come impedire di usare i soldi provenienti dai traffici illeciti.
Su questo penso che si debba agire su due versanti. Il primo è quello di approfondire il fatto che forse oggi c’è bisogno di ridefinire il reato di associazione mafiosa, perché i colletti bianchi che riciclano denaro spesso non possono essere incasellati nei criteri che definiscono l’associazione mafiosa, in quanti non usano violenza o intimidazioni. Se vogliamo contrastare il riciclaggio, quindi, occorre fare una riflessione su come cambiare il reato di associazione mafiosa.
Un’altra questione riguarda la dimensione delle mafie e, quindi, dell’azione di contrasto.
Le mafie si sono globalizzate davvero.
La ‘ndrangheta è presente in più di 70 Paesi del mondo e non ha confini.
Se vogliamo fare la lotta al riciclaggio, occorre farla in quella dimensione.
L’Europa deve cominciare ad agire.
È importante che sia stata creata la Procura Europea perché può consentire di intervenire contro le mafie.
È importante che si stia cominciando a ragionare sulla possibilità di estendere alcuni reati, come quello associativo, oppure le norme per la confisca dei beni in presenza di reati di mafia anche per gli altri Paesi europei. Già riuscire a fare questo in tutta Europa sarebbe un passaggio importante.
Ormai le mafie, di fronte ai rischi della confisca, preferiscono investire in Paesi dove questo non avviene.
Questo, quindi, deve fare la politica.
A livello europeo si sta anche decidendo di istituire un’Agenzia contro il riciclaggio. Noi abbiamo chiesto che la sede dell’Agenzia sia posta in Italia anche per riconoscere il lavoro, il know how, le esperienze investigative e legislative in ambito di contrasto alle mafie che abbiamo.
Queste sono le cose su cui la politica oggi deve agire, cercando di essere il più concreta possibile.
Sono ottimista sulla possibilità di far dialogare le diverse banche dati.
In questi anni si è fatto molto; c’è un lavoro positivo che ha come centro la Direzione Nazionale Antimafia ma ci sono anche esperienze territoriali, come ad esempio, quelle della Prefettura di Milano che ha attivato un meccanismo per far dialogare le banche dati di Comune, Camera di Commercio e Prefettura sul tema dei passaggi di proprietà degli esercizi commerciali, proprio per controllarli e verificare se ci sono elementi che richiedono approfondimenti.
Rispetto al tentativo di condizionare la magistratura, ci sono alcune cose che stiamo vedendo e sono legate al fatto che c’è uno scarso allarme sociale.
Innanzitutto, bisogna sapere che c’è il tentativo di mettere in discussione le interdittive antimafia.
È stata depositata una proposta di legge che sostiene che le interdittive antimafia mettono in discussione la libera concorrenza e, quindi, vanno tolte.
Io credo che questo sarebbe un fatto pericoloso, sapendo quanto le interdittive antimafia sono state utili nel contrasto alle mafie.
C’è poi un tema che riguarda il contante.
Alcune forze politiche chiedono di togliere il limite di 1.000 euro per il contante e di portarlo a 10.000, sostenendo che 1.000 euro soltanto è una violazione del principio di libertà mentre, invece, quel limite è a garanzia della tracciabilità del denaro.
Inoltre, c’è chi fa passare l’idea che, siccome le mafie non sparano non sarebbero più pericolose e sono state battute, si può cancellare il regime di 41bis. Su questa questione occorre accendere l’attenzione.
Al forum sono intervenuti: Pietro Grasso, senatore, già procuratore nazionale antimafia; Letizia Moratti, Vicepresidente di Regione Lombardia; Franco Mirabelli, ufficio di presidenza della Commissione parlamentare antimafia; Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia.