Quale futuro per l'edilizia popolare

Intervento svolto ad un incontro organizzato dalla Fondazione Quercioli (video).

Su via Gola abbiamo fatto un incontro lo scorso anno, in cui abbiamo provato ad interloquire con ALER con risultati visibili pari a zero.
Credo che il tema di questa partita sia il come migliorare la condizione abitativa di quegli edifici e complessivamente del quartiere. La condizione abitativa di tutti: degli inquilini ma anche degli abusivi.

Forse si pensa che delle persone in stato di necessità possano stare nel degrado dei quartieri o degli edifici: leggo così l’alta percentuale di abusivismo che viene tollerata da ALER.
Il contrasto al degrado, quindi, è un tema fondamentale.
ALER continua a dire che i soldi non sono un problema e in effetti in questo momento è così perché abbiamo appena stanziato 2 miliardi e 8 milioni del PNRR per far fronte al degrado abitativo. Una parte di queste risorse è già stata assegnata ma a chi ha presentato progetti di riqualificazione o rigenerazione.
Investiremo anche molte risorse sul superbonus del 110%, che è una grande occasione per le case popolari. Tutto il patrimonio abitativo di edilizia residenziale pubblica a Milano, infatti, è fortemente degradato, in alcuni posti di più e in altri meno ma in ogni caso c’è il problema della dispersione del calore e della mancanza di efficienza energetica. Quasi tutti gli inquilini delle case popolari, infatti, pagano spese molto alte per riscaldamento e bollette. Un lavoro serio di riqualificazione, messa in sicurezza e utilizzo di energie rinnovabili pagate interamente con il superbonus del 110% potrebbe cambiare questa condizione. Inoltre, migliorerebbe anche la situazione rispetto ai problemi legati all’inquinamento.
Tuttavia, mentre MM ha già presentato progetti per l’utilizzo del superbonus del 110% per 3.000 alloggi, da ALER non risultano esser arrivati dei progetti per questo.
Di soldi disponibili, infatti, ce ne sono molti ma non vengono spesi perché non ci sono i progetti e non c’è la capacità di spenderli.
Un’altra cosa importante a cui stiamo lavorando in Senato è la legge sulla rigenerazione urbana e forse riusciremo ad approvarla in qualche mese.
Questa legge afferma che bisogna provare a pensare complessivamente le città del futuro, non solo riqualificando le aree degradate, ma tenendo alcuni punti fermi, tra cui il combattere il degrado, il non consumare altro suolo, il mettere in sicurezza gli edifici e renderli efficienti dal punto di vista energetico per ridurre l’inquinamento. La legge parla anche di agevolare l’affitto a canoni concordati.
Il tutto nell’idea che si possano rigenerare interi pezzi di città, non solo per far fronte ad un eventuale degrado.
Il cambiamento del mercato del lavoro, ad esempio, con l’aumento dell’utilizzo dello smart working che potrebbe spingere molte aziende a ridurre il personale che fruisce degli uffici, comporta dunque anche la necessità di cambiare l’uso degli spazi adibiti ad ufficio ma anche di ciò che sta intorno ad essi e che vive grazie a quella presenza.
La rigenerazione urbana riguarda anche questi aspetti e su questo si renderanno disponibili risorse e incentivi sia per il settore pubblico che per quello privato.
Spero che questa non sia una fase storica irripetibile e che altre forme di incentivo possano essere trovate in futuro.
Oltre ad avere risorse e opportunità, però, bisogna anche saperle utilizzare.
ALER non ha solo un problema di volontà politica ma, vista la struttura dell’ente milanese, anche di capacità e possibilità che mancano per attivare progetti di questo tipo.
Per questo credo che sia giusta l’idea di aprire un tavolo con Regione Lombardia e altri soggetti, ma non facendo di ALER l’interlocutore principale, per mettere in campo un progetto di riqualificazione del quartiere di via Gola. Su questo occorre fare una battaglia politica perché c’è una responsabilità politica di ciò che viene fatto o meno.
ALER è di proprietà di Regione Lombardia, la quale ha la responsabilità politica delle scelte.
Nel momento in cui c’è il progetto e le cose partono, come è avvenuto in altri quartieri milanesi come lo Stadera o Calvairate, il tema degli occupanti abusivi ma in stato di necessità si pone e si risolve.
Aggiungo che c’è un tema complessivo che va affrontato ed è il come si creano opportunità abitative a Milano a costi compatibili con i redditi da lavoro dipendente. Questa è una grande sfida e la legge sulla rigenerazione urbana, che sta iniziando l’iter parlamentare, dà un impulso. Dobbiamo, infatti, pensare alle trasformazioni mettendo tra le priorità l’avere case in affitto a canoni accessibili, come ha fatto il Comune di Milano in molti progetti di riqualificazione urbana.

Video del primo intervento» 

Sono state poste delle questioni molto serie.
Nella proposta di legge sulla rigenerazione urbana c’è un intero articolo che parla della partecipazione delle comunità locali alla definizione degli obiettivi e alla progettazione degli interventi di rigenerazione urbana.
Si fa riferimento alla partecipazione diretta degli abitanti e questo credo che sia importante, inoltre riprende una modalità europea di intervento. Nell’ultimo intervento che abbiamo fatto sul superbonus del 110% sono stati rimossi alcuni orpelli burocratici per chi lo richiedeva e che spesso mettevano in difficoltà i Comuni, rendendo tutto molto complicato.
Sul fatto che, a fronte del 110%, sia richiesta una garanzia di arrivare alla conclusione del progetto è ovvio: molti privati si rivolgono alle banche. Questo è un percorso normale.
In Germania avevano risolto il problema delle case in affitto in una società che ha meno problemi rispetto a noi. Il nostro problema fondamentale, infatti, è che la nostra società è cambiata, il mondo del lavoro è cambiato, vengono studenti e lavoratori a tempo determinato ma continuiamo ad avere l’80% di case in proprietà.
Nei Paesi, come la Germania o il Nord Europa, dove l’affitto è la regola, le grandi immobiliari vengono incentivate fortemente dai Comuni a mettere le case in affitto, utilizzando la leva fiscale e ovviamente questo diventa un business. Questi incentivi, però, sono condizionati al fatto che le case siano messe in affitto a canoni calmierati.
Quel modello non può essere messo in pratica da un solo Comune ma va studiata con attenzione l’idea di costruire, insieme ai soggetti proprietari di moltissimi immobili, un meccanismo per cui vengano incentivati ad affittare almeno quelli che restano vuoti.

Video del secondo intervento» 

 

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